Come affrontare l’insonnia: cause, conseguenze e possibili rimedi

Come affrontare l’insonnia: cause, conseguenze e possibili rimedi

iArticolo revisionato dalla nostra redazione clinica

pubblicato il 10.05.2024

INDICE

Esiste nel mondo una specie di setta della quale fanno parte uomini e donne di tutte le estrazioni sociali, di tutte le età, razze e religioni: è la setta degli insonni.
(Le conseguenze dell’amore)

 

Cos’è l’insonnia?

Dal latino insomnia, derivato di insomnis “insonne”, l’insonnia è un disturbo che altera il normale ritmo fisiologico sonno-veglia e, allo stesso tempo, un sintomo trasversale a vari disturbi psicopatologici che si manifesta con una diminuzione della durata del sonno, o anche con la perdita della sua profondità e del suo potere ristoratore.

Essere insonni, quindi, non significa solo dormire di meno, ma anche dormire peggio. Ma quante ore dobbiamo dormire per stare bene? Gli studi scientifici dimostrano che l’adulto medio ha bisogno di circa sette/otto ore di sonno continuativo e di qualità.

Nonostante questi dati, una parte significativa della popolazione, dichiara di dormire meno di sette ore a notte. Questa tendenza è molto preoccupante, soprattutto se prendiamo in considerazione gli esiti negativi sulla salute associati alla scarsità di sonno. La prevalenza dell’insonnia in Italia è alta, con studi che riportano tassi del 36,8%, e sembra essere più frequente nelle donne, negli anziani e in tutte quelle persone che usano assiduamente sostanze come alcol, caffè e tabacco.

Tipi di insonnia

Più che di insonnia, dovremmo parlare di insonnie. Infatti, esistono diverse manifestazioni di questo sintomo/disturbo. In base al momento in cui si verifica nel corso della notte, possiamo distinguere diversi tipi di insonnia.

  • L’insonnia iniziale o precoce si manifesta con difficoltà di addormentamento.
  • L’insonnia di mantenimento, invece, si manifesta con la difficoltà a restare addormentati a causa di frequenti e prolungati risvegli notturni, con difficoltà a riprendere sonno una volta svegli.
  • L’insonnia tardiva è caratterizzata da un risveglio precoce al mattino e dalla difficoltà a riaddormentarsi.
  • Infine, l’insonnia mista o generalizzata si manifesta con la combinazione dei vari tipi di insonnia mostrando una varietà di sintomi che coinvolgono l’addormentamento, il mantenimento del sonno e il risveglio precoce.

Esiste poi un particolare tipo di insonnia chiamata “paradossa” caratterizzata dalla percezione, appena ci svegliamo, di non aver dormito affatto. Insomma, pur avendo dormito ci sembra di non esserci mai addormentati.

Per quanto riguarda la durata, possiamo distinguere tra insonnia acuta, che si manifesta come episodio isolato o occasionale ed insonnia cronica, che si verifica per almeno tre notti a settimana e per un periodo di almeno tre mesi.

Le cause psicologiche dell’insonnia

L’insonnia, secondo il Modello delle 3P, può essere considerata un vero e proprio disturbo stress-correlato. Fattori precipitanti possono favorire l’insorgenza di insonnia in presenza di fattori predisponenti, e fattori perpetuanti ne favoriscono la cronicizzazione.

I fattori predisponenti comprendono caratteristiche temperamentali e di personalità come il perfezionismo o il neuroticismo (la tendenza a sperimentare emozioni negative), oltre che fattori biologici e genetici. Sì, genetici, l’insonnia può essere considerata una patologia “familiare”, con un’ ereditabilità pari al 40-60%.

I fattori precipitanti comprendono malattie internistiche, disturbi psichiatrici e uso o abuso di sostanze o farmaci (come sostanze stimolanti o l’abuso cronico di alcol). Anche fattori psicosociali come stress lavorativo, turni lavorativi notturni e condizioni familiari difficili (come divorzi o problemi economici) possono essere considerati come fattori che favoriscono l’insorgenza di insonnia. Infatti, uno dei primi target degli eventi stressanti è il sistema circadiano di regolazione del sonno, che subisce quindi una disregolazione in risposta allo stress. Una volta stabilita, l’insonnia si può cronicizzare, circa nell’80% dei casi, oppure andare in remissione.

I fattori perpetuanti riguardano tutti quei comportamenti che possono mantenere l’insonnia, contrastando la spinta fisiologica al sonno, come, ad esempio, rimanere più tempo a letto o tentare di recuperare il sonno perso durante la giornata.

Anche l’iperarousal, una cronica iperattivazione del sistema dello stress, è considerato uno dei meccanismi che porta alla cronicizzazione dell’insonnia. Questa cronica iperattivazione si riflette in una scarsa regolazione e inibizione delle emozioni.

Le conseguenze dell’insonnia sulla salute

I sintomi dell’insonnia non si limitano alla notte! I “sintomi diurni” dell’insonnia sono irritabilità, tendenza all’impulsività, con deficit di attenzione e concentrazione, stanchezza, sonnolenza, facile faticabilità e impatto negativo sul funzionamento socio-lavorativo o scolastico.

L’obesità, il diabete, l’ipertensione e una compromissione delle prestazioni cognitive sono altre conseguenze negative dell’insonnia sulla salute.
La diminuzione della quantità o qualità del sonno può̀ rappresentare, inoltre, un fattore di rischio o addirittura un fattore causale per lo sviluppo di alcuni disturbi psichiatrici: chi soffre di insonnia, infatti, riporta anche elevati livelli di depressione e ansia.

Ma attenzione! Esiste una relazione bidirezionale tra insonnia e depressione e tra insonnia e stati ansiosi: non solo l’insonnia può aumentare il rischio di sviluppare una condizione depressiva o ansiosa, ma a loro volta depressione e ansia possono rappresentare un fattore di rischio per lo sviluppo di disturbi del sonno.

Disturbi psicopatologici associati all’insonnia

L’insonnia, come sintomo, può manifestarsi in alcuni disturbi con modalità tipiche. Nella depressione le caratteristiche del sonno cambiano. Circa l’80% delle persone che soffrono di questo disturbo riferisce difficoltà a prendere sonno, frequenti risvegli nel corso della notte e fatica a riaddormentarsi.

Gli studi EEG sul sonno di persone che soffrono di depressione mostrano alcune anormalità che vanno oltre alla difficoltà ad addormentarsi. Il sonno è caratterizzato da una sorprendente riduzione delle fasi 3 e 4 del sonno profondo (o sonno ad onde lente) e un corrispondente aumento nelle fasi precoci del sonno (1 e 2). Inoltre, nella depressione si verifica un’alterazione nel sonno REM (Rapid Eye Movement), una fase specifica del sonno caratterizzata da movimenti rapidi degli occhi e un’attività cerebrale simile a quella dello stato di veglia in cui si manifestano i sogni. Persone che soffrono di questo disturbo sembrano avere una sovrabbondanza di sonno REM, entrano in questa fase del sonno molto presto, subito dopo l’addormentamento e il loro sonno REM è insolitamente profondo.

L’insonnia rappresenta un fattore di rischio anche per lo sviluppo di disturbi d’ansia, interessando più dell’80% delle persone che soffrono di disturbo d’ansia generalizzata e il 70% delle persone con disturbo da attacchi di panico. Nel contesto dei disturbi d’ansia l’insonnia si manifesta tipicamente con difficoltà nella fase di addormentamento e, soprattutto, con frequenti risvegli notturni nella parte centrale della notte.

Persone che soffrono di questi disturbi spesso “automedicano” l’insonnia facendo uso di alcol e di farmaci ipnotici sedativi come le benzodiazepine, ma, questi comportamenti di abuso, possono complicare ulteriormente i sintomi d’ansia e l’insonnia (approfondiremo l’argomento nel prossimo paragrafo).

Farmaci per il trattamento dell’insonnia

L’utilizzo di benzodiazepine per indurre il sonno è fortemente sconsigliato. Questi farmaci, infatti, possono provocare effetti collaterali come sonnolenza diurna, oltre che dipendenza e tolleranza, ossia il bisogno di dosi sempre maggiori del farmaco per raggiungere l’effetto desiderato.

Ma non solo, l’interruzione improvvisa di questi farmaci provoca una sindrome di astinenza caratterizzata da un “effetto rebound” di cui l’insonnia è uno dei sintomi principali, insieme all’agitazione psicomotoria, all’ansia e ai tremori. Questi sintomi spingono ad assumere nuovamente le benzodiazepine, creando così un circolo vizioso che mantiene l’insonnia.

Per il trattamento a lungo termine dell’insonnia, soprattutto se associata a depressione, si usano spesso farmaci antidepressivi che hanno anche un effetto sedante. L’azione di questo farmaco sull’insonnia è ancora maggiore se associata ad una psicoterapia cognitivo-comportamentale.

Anche la somministrazione di melatonina, un ormone prodotto naturalmente nel nostro corpo dalla ghiandola pineale e che svolge un ruolo cruciale nella regolazione del ciclo sonno-veglia, può essere efficace nel trattamento dell’insonnia. Diversi studi hanno, infatti, dimostrato che la melatonina migliora la qualità del sonno, riduce il tempo impiegato per addormentarsi ed il numero di risvegli durante la notte.

Anche sostanze analoghe come ramelteon e l’agomelatina sono efficaci nel trattamento dell’insonnia.

La psicoterapia cognitivo-comportamentale per curare l’insonnia

Le tecniche cognitivo-comportamentali sono tra le più utilizzate nel trattamento dell’insonnia, soprattutto se si presenta come sintomo non associato ad altri disturbi psicopatologici, perché permettono di intervenire in modo mirato sul sintomo. Questo tipo di intervento cerca di modificare i fattori cognitivi e comportamentali coinvolti nel mantenimento e aggravamento dell’insonnia ed è efficace nel 80% dei casi. Vediamo insieme alcune tecniche.

  1. Psicoeducazione e igiene del sonno: la psicoeducazione serve a spiegare i fattori che causano e mantengono l’insonnia secondo il modello cognitivo-comportamentale, oltre che fornire informazioni generali sul sonno (per es., fasi del sonno, ritmi biologici). Con l’igiene del sonno invece l* specialista fornisce alcune regole di igiene del sonno che ne migliorano la qualità̀ e/o quantità. Puoi scoprirle anche tu le regole del sonno nell’ultimo paragrafo.
  2. Restrizione del sonno: viene calcolato quanto tempo che impieghiamo ad addormentarci e il tempo che trascorriamo effettivamente dormendo, stimando quindi il tempo di sonno effettivo rispetto al tempo trascorso nel letto. Successivamente si decide un orario di risveglio fisso al mattino e indipendente dall’orario di addormentamento al fine di regolarizzare il ritmo sonno-veglia e stabilire un’abitudine di risveglio costante. Nella fase conclusiva si limita il tempo trascorso a letto al tempo effettivo trascorso a dormire e, una volta che il tempo trascorso a letto coincide con il tempo passato a dormire, viene gradualmente aumentato il tempo a disposizione per dormire di 15-30 minuti alla settimana, fino a raggiungere una quantità di sonno ottimale.
  3. Prescrizione paradossale: l’obiettivo è quello di andare a ridurre l’ansia da prestazione che spesso è associata al sonno e i tentativi di forzarlo o controllarlo. Effettivamente, se chiedessimo ad una persona che non soffre di insonnia come fa ad addormentarsi risponderebbe semplicemente “non faccio nulla, chiudo gli occhi e mi addormento”. Infatti, il sonno segue un ritmo fisiologico e naturale e forzarlo non solo non ha senso, ma può essere anche controproducente. La prescrizione paradossale, quindi, è una semplice richiesta: “Non addormentarti! Cerca di rimanere sveglio!”.
  4. Controllo dello stimolo: ha l’obiettivo di eliminare l’associazione tra letto e/o della camera da letto con attività̀ incompatibili con il sonno e/o l’attività sessuale (per es., stare al cellulare, guardare una serie TV a letto) andando a ripristinare l’associazione positiva tra letto e sonno.
  5. Ristrutturazione cognitiva: questa tecnica serve a “ristrutturare” i pensieri disfunzionali e maladattivi che abbiamo sul sonno e che contribuiscono a mantenere l’insonnia. Se prima di andare a letto pensiamo che avremo difficoltà ad addormentarci, che se non dormiremo abbastanza il giorno dopo non riusciremo a rendere a lavoro; emozioni come l’ansia, la preoccupazione, la frustrazione non tarderanno ad arrivare. Questi pensieri disfunzionali scatenano delle emozioni altrettanto disfunzionali che interferiscono con il processo di addormentamento.
  6. Tecniche di rilassamento: l’obiettivo di queste tecniche è quello di ridurre il livello di attivazione psicofisica e favorire l’addormentamento.

Alcuni rimedi pratici per sconfiggere l’insonnia

Certo, non sono paragonabili ad un intervento cognitivo-comportamentale, ma possiamo adottare alcuni accorgimenti e rimedi pratici che possono aiutarci a diminuire l’insonnia.

  • Fai attività fisica e riduci la sedentarietà, ancora meglio se nel tardo pomeriggio e non nelle ore serali!
  • Usa la tua camera da letto come stanza dedicata unicamente al sonno, evitando dispositivi elettronici come TV, computer o cellulare prima di addormentarti;
  • Rendi la tua camera da letto buia e silenziosa e mai troppo calda;
  • Mangia poco e leggero a cena;
  • Non fumare prima di andare a dormire né consumare bevande eccitanti come tè, caffè o altre bevande energizzanti;
  • Non abusare neanche di tisane rilassanti perché aumentano la necessità di alzarsi per andare in bagno durante la notte.
  • Mantieni la giusta esposizione alla luce durante il giorno, mentre, in tarda serata al buio, in modo da facilitare la produzione notturna di, necessaria per l’induzione del sonno;
  • Non fare sonnellini durante il giorno;
  • Mantieni costanti gli orari di addormentamento e soprattutto di risveglio;
  • E se proprio non riesci a dormire, cerca di non rimanere a letto, cambia stanza, leggi un libro o ascolta della musica rilassante.

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