Anoressia nervosa: sintomi, sottotipi, conseguenze, cause e cure

Anoressia nervosa: sintomi, sottotipi, conseguenze, cause e cure

iArticolo revisionato dalla nostra redazione clinica

pubblicato il 04.06.2024

INDICE

“Il problema delle donne che soffrono di anoressia non è la fame. Perché in realtà le anoressiche hanno sempre fame. Una fame enorme. Una fame che le perseguita costantemente proprio perché non «possono» e non «devono» mangiare. Il vero problema dell’anoressia è il sentimento di onnipotenza che nasce quando si ha la sensazione di poter controllare tutto, anche la fame”.

(Michela Marzano, Volevo essere una farfalla)

L’anoressia nervosa è un disturbo che il Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM 5 – TR) inserisce all’interno della macro categoria dei Disturbi della Nutrizione e dell’Alimentazione. La caratteristica comune di questi disturbi è un’alterazione nei comportamenti inerenti all’alimentazione che ha come effetto un alterato consumo o assorbimento di cibo che compromette sia la salute fisica che il funzionamento psicosociale.

Tra questi disturbi troviamo, oltre all’anoressia nervosa, la bulimia nervosa, la pica, il disturbo da ruminazione, il disturbo evitante-restrittivo dell’assunzione di cibo ed il disturbo da binge eating.

Secondo il Ministero della Salute l’incidenza, stimata, dell’anoressia nervosa è di almeno 8-9 nuovi casi per 100.000 persone in un anno tra le donne, mentre è compresa fra 0,02 e 1,4 nuovi casi per 100.000 persone in un anno, tra gli uomini. L’anoressia nervosa, infatti, è molto più frequente nelle donne, con un rapporto uomo-donna pari a 1:10.

L’età di esordio dell’anoressia nervosa si registra durante l’adolescenza o la prima età adulta e solo raramente inizia prima della pubertà o dopo i quarant’anni, anche se sono sempre più frequenti le diagnosi di anoressia nervosa prima del menarca.

L’anoressia nervosa è più diffusa in quelle culture o ambienti in cui la magrezza è considerata un valore e alcune professioni o sport che incoraggiano la magrezza (per es., lavorare come modella, fare danza o ginnastica ritmica, praticare atletica) sono associate ad un rischio maggiore di sviluppare il disturbo.

L’esordio, che può essere graduale e insidioso, è spesso associato ad un evento di vita stressante, come lasciare la casa di famiglia per andare a studiare da fuorisede, avere conflitti familiari o l’esperienza di una perdita. Nella fase iniziale solitamente si sperimenta un elevato benessere soggettivo per la perdita di peso ed il miglioramento della propria immagine corporea e una sorta di onnipotenza per la capacità di controllare la fame. Il benessere soggettivo può essere causato anche da una sorta di rinforzo sociale della perdita di peso. Le persone possono accorgersi del dimagrimento e fare dei complimenti. Successivamente le preoccupazioni sul peso, il cibo e l’immagine corporea diventano costanti e ossessive. Quando la perdita di peso è marcata spesso si giunge all’osservazione clinica sotto la pressione dei familiari e il ricovero ospedaliero in alcuni casi può essere necessario. Infine, in molte persone che soffrono di anoressia nervosa si assiste ad un viraggio verso la bulimia nervosa, mentre il viraggio inverso è meno frequente.

Anoressia nervosa: i sintomi

I sintomi dell’anoressia nervosa gravitano attorno a tre punti fondamentali. Questi punti cardine sono una distorsione nella percezione della forma e del peso del corpo, una restrizione nell’introito calorico giornaliero e un’intensa paura di prendere peso anche se il BMI (Body Mass Index) suggerisce una condizione di sottopeso.

Più nello specifico l’intensa paura di aumentare di peso (anche se molto basso) o di ingrassare, ovviamente produce delle abitudini alimentari restrittive. La restrizione nell’assunzione di calorie in relazione alle necessità individuali causa a sua volta una riduzione del peso corporeo che arriva ad essere molto basso se considerato in base all’età, al sesso, alla traiettoria di sviluppo e alla salute fisica. Per porre la diagnosi viene spesso usato il criterio arbitrario di una riduzione del peso corporeo al di sotto dell’85% del valore minimo normale per età e altezza.

Infine, nell’anoressia nervosa, non solo c’è un’alterazione nel modo di vivere e percepire il peso e le forme corporee ma anche una loro eccessiva influenza sui livelli di autostima. Una caratteristica preponderante del disturbo è la negazione o la sottovalutazione della gravità della condizione di sottopeso, questa caratteristica rende l’anoressia nervosa un disturbo egosintonico molto difficile da trattare. Se non si è consapevoli di essere in una condizione di rischio per la propria salute fisica e mentale, la predisposizione a farsi aiutare e la motivazione a intraprendere un percorso terapeutico, oltre che ad aumentare di peso, può essere molto scarsa, se non totalmente assente.

Per determinare la gravità dell’anoressia viene usato un indice di gravità, valutato di caso in caso in base al Body Mass Index (BMI) o Indice di Massa Corporea (IMC). Questo indice si ottiene dividendo il peso in Kg per il quadrato dell’altezza espressa in metri (peso in Kg/altezza^2). In base all’Indice di Massa Corporea l’anoressia nervosa viene classificata in:

  1. di gravità lieve > 17 Kg/m^2
  2. di gravità moderata = 16 – 16.99 Kg/m^2
  3. grave = 15- 15.99 Kg/m^2
  4. di gravità estrema < 15 Kg/m^2

La definizione “anoressia nervosa” può essere fuorviante in quanto il termine “anoressia” implica che il problema centrale di questo disturbo sia la perdita dell’appetito. Infatti, una falsa credenza comune è che chi soffre di anoressia sia in qualche modo “disinteressato” rispetto al cibo e alla nutrizione in generale, si arriva a pensare addirittura che l’anoressia “tolga la fame”. La verità è che nell’anoressia non solo c’è una forte polarizzazione del pensiero sul cibo che può sfociare in delle vere e proprie ossessioni e compulsioni, ma il senso di fame è avvertito come in qualsiasi altra persona non affetta dal disturbo. L’unica differenza è che nell’anoressia nervosa l’impulso della fame viene controllato, spostato e represso rigidamente. Alcune persone divengono così ossessionate dal cibo da arrivare a collezionare ricette, accumulare il cibo o ancora preparare con dedizione piatti per amici o famigliari, traendo godimento nel vedere gli altri mangiare.

Gli studi sui comportamenti associati ad altre forme di digiuno non legate all’anoressia nervosa suggeriscono che ossessioni e compulsioni correlate al cibo possono essere causate dalla denutrizione. Di frequente nell’anoressia nervosa si instaura una dipendenza eccessiva o una vera e propria ossessione dal guardare il proprio corpo allo specchio per monitorarne la forma e i cambiamenti. Ad esempio, una ragazza potrebbe controllare continuamente il suo corpo allo specchio cercando e controllando eventuali mutamenti tutte le volte che qualcosa “entra o esce da esso”: prima e dopo mangiato, dopo essere andata in bagno.

A volte l’anoressia nervosa nasconde ed implica il desiderio inconscio di evitare la pubertà e l’età adulta. Altre caratteristiche associate all’anoressia nervosa comprendono la preoccupazione nel mangiare in pubblico, sentimenti di inadeguatezza, un forte desiderio di tenere sotto controllo l’ambiente circostante, rigidità mentale, ridotta spontaneità sociale ed espressività emotiva eccessivamente repressa.

Esistono poi alcuni tratti cognitivi tipici di questo disturbo, tra i quali un’errata o distorta percezione della propria immagine corporea, un pensiero “tutto o nulla”, perfezionismo, rigidità cognitiva e pensieri e rituali ossessivo-compulsivi.

Nell’anoressia nervosa è molto comune anche un eccessivo livello di attività fisica come meccanismo “compensatorio” contro l’aumento di peso. Aumenti nell’attività fisica precedono spesso l’esordio del disturbo e lungo il decorso del disturbo l’aumentata attività fisica accelera la perdita di peso. Durante il trattamento, l’eccessiva attività può essere difficile da controllare, mettendo così a rischio il recupero del peso.

I sottotipi della anoressia

Le manifestazioni dell’anoressia nervosa possono essere complesse, sfaccettate ed eterogenee e oltre alle variazioni nei livelli di gravità, anche i comportamenti assunti possono manifestarsi in modi distinti e peculiari. Proprio per rendere conto di questa complessità, il DSM-5 distingue tra due sottotipi di anoressia: con restrizioni e con abbuffate/condotte di eliminazione.

Sottotipo con restrizioni

Nel sottotipo con restrizioni non sono predominanti gli episodi di abbuffate oggettive o condotte di eliminazione o di svuotamento improprio (vomito autoindotto, abuso di lassativi, diuretici, enteroclismi). In questo sottotipo di anoressia nervosa le abbuffate però possono essere soggettive. Questo tipo di abbuffate vengono chiamate “soggettive” perché riflettono la percezione individuale della persona; che in questo caso pur non avendo mangiato una grande quantità di cibo in un lasso di tempo ristretto, percepisce comunque di essersi abbuffata impropriamente. In questo sottotipo, in assenza di condotte di eliminazione, i meccanismi compensatori contro l’aumento del peso sono principalmente la dieta, il digiuno e l’eccessiva attività fisica.

Sottotipo con abbuffate/condotte di eliminazione

Nel sottotipo con abbuffate/condotte di eliminazione i meccanismi di controllo del peso sono le condotte di eliminazione e svotamento improprie (vomito autoindotto, uso inappropriato di lassativi, diuretici, enteroclismi) che si presentano spesso dopo un’abbuffata oggettiva. Questo sottotipo è maggiormente associato a impulsività, auto-aggressività, disturbi da uso di sostanze e complicanze mediche.

Anoressia atipica

Esiste anche una particolare forma di anoressia, chiamata “atipica”. L’anoressia nervosa atipica rientra all’interno della categoria dei disturbi dell’alimentazione e della nutrizione con altra specificazione. Le due diagnosi di anoressia e anoressia atipica si differenziano in quanto chi soffre di anoressia atipica soddisfa numerosi criteri diagnostici dell’anoressia, ma non tutti. Ad esempio, l’anoressia atipica può riguardare una persona che limita l’assunzione di cibo, o appare eccessivamente preoccupata dalla forma e dal peso del corpo ma il cui peso è all’interno o al di sopra del range di normalità.

Anoressia inversa o vigoressia

Infine, un’altra tipologia molto diffusa di anoressia è “l’anoressia inversa” anche chiamate “vigoressia” o “bigoressia”. Questo disturbo è caratterizzato da un’ossessiva preoccupazione per la muscolatura e l’immagine corporea. Le persone con vigoressia spesso si percepiscono come troppo magre e non abbastanza muscolose. Per compensare questo “difetto percepito” si focalizzano ossessivamente sul fitness, il bodybuilding e l’allenamento fisico intenso. Questa condizione è più comune negli uomini, soprattutto adolescenti e giovani adulti. I sintomi della vigoressia includono anche diete estreme e uso di integratori e steroidi.

Le conseguenze della anoressia nervosa

Oltre ai sintomi psicologici esistono poi alcuni segni e sintomi fisici dell’anoressia nervosa, che rappresentano una conseguenza diretta della restrizione alimentare messa in atto.

L’amenorrea (l’assenza del ciclo mestruale) è spesso presente e sembra essere un indicatore di disfunzione fisiologica. Se presente, l’amenorrea è solitamente una conseguenza della perdita di peso, anche se può manifestarsi anche prima della perdita di peso. Nelle donne che sviluppano anoressia nervosa in età prepuberale e che quindi non possono sviluppare amenorrea, la comparsa del menarca può comunque essere ritardata a causa della riduzione dell’introito calorico. Oltre all’amenorrea, possono manifestarsi stitichezza, dolori addominali, intolleranza al freddo, assenza o eccesso di energia.

La più notevole evidenza all’esame obiettivo è l’emaciazione (magrezza accentuata e pallore). Comunemente sono presenti significativa ipotensione, ipotermia e bradicardia. Altri segni comuni sono la lanugo, una fine e soffice peluria, edemi periferici (più frequenti al momento del recupero del peso o alla sospensione dell’abuso di lassativi e diuretici), una colorazione gialla della cute associata a ipercarotenemia (eccesso di carotene nel corpo). Inoltre, come può essere osservato nella bulimia nervosa, anche nell’anoressia nervosa con condotte di eliminazione come l’autoinduzione del vomito si può osservare un’ipertrofia delle ghiandole salivari, principalmente delle parotidi, così come erosioni dello smalto dentale, oltre che cicatrici o callosità sul dorso delle mani, provocate dallo sfregamento contro l’arcata dentaria nel tentativo di provocare il vomito.

Il semi-digiuno dell’anoressia nervosa e le condotte di eliminazione talvolta associate a essa possono portare a condizioni mediche significative e potenzialmente pericolose per la vita. La compromissione nutrizionale associata all’anoressia nervosa, infatti, influenza la maggior parte dei principali sistemi organici e può causare una varietà di disturbi. Mentre la maggior parte dei disturbi fisiologici associati alla malnutrizione è reversibile con la riabilitazione nutrizionale, alcuni, come la perdita di densità minerale ossea con conseguente aumentata fragilità ossea e rischio di fratture, sono spesso non completamente reversibili.

Infine, quando sono gravemente sottopeso, molti individui con anoressia nervosa presentano segni e sintomi del disturbo depressivo maggiore, come umore depresso, ritiro sociale, irritabilità, insonnia e diminuito interesse sessuale. Poiché queste caratteristiche si riscontrano anche in persone marcatamente denutrite che non hanno una diagnosi di anoressia nervosa molti aspetti depressivi possono essere secondari rispetto alle conseguenze fisiologiche del semi-digiuno. La mortalità per anoressia nervosa, laddove il trattamento non è tempestivo ed efficace, è piuttosto alta e raggiunge il 20 per cento in persone malate per più di vent’anni. La mortalità è causata dalle complicanze mediche causate dalla malnutrizione e/o dalle condotte di eliminazione improprie e dal suicidio.

Anoressia nervosa: le cause

Il nucleo psicopatologico dell’anoressia nervosa è costituito da alcune caratteristiche comuni e tipiche, tra cui:

  •  Distorta e insoddisfacente percezione dell’immagine corporea, cioè il modo in cui viene percepito, rappresentato ed esperito il corpo, sia come “entità personale” sia come “strumento di rapporto” interpersonale. Una distorsione nella percezione dell’immagine corporea è spesso il risultato dell’interazione tra fattori intrinseci alla persona (struttura di personalità) e fattori estrinseci (processi di apprendimento e stereotipi culturali esperiti nell’infanzia);
  • Eccessiva attenzione al peso e alla forma del corpo;
  • Meccanismi di controllo ossessivo e alti livelli di perfezionismo.

Secondo la psicologa Hilde Bruch nell’anoressia nervosa le preoccupazioni riguardo al cibo sono solo manifestazioni tardive e più superficiali di un disturbo molto più profondo della rappresentazione del sé. Questa alterazione nella rappresentazione e nel concetto di sé coinvolge una percezione del corpo come qualcosa di “separato da sé” oltre che un senso di inefficacia e impotenza. La Bruch ha individuato le origini dell’anoressia nervosa in una relazione madre-bambino disturbata, in cui la madre sembra prendersi cura del bambino in funzione dei propri bisogni piuttosto che di quelli del bambino. Se i bisogni del bambino non ricevono risposte di conferma, convalida e soddisfacimento il bambino si sente come un’estensione o un prolungamento della madre invece che come un’entità autonoma a sé stante e non arriva a sviluppare un sano senso di sé.

Lo psichiatra Salvador Minuchin si è occupato invece della descrizione delle famiglie in cui sono inserite le persone che sviluppano anoressia nervosa. Queste famiglie sono caratterizzate da invischiamento, iper-coinvolgimento e assenza di confini generazionali e personali. In questi schemi famigliari nessuno ha un senso di identità separato e personale che va al di là della matrice famigliare e ciascun membro è eccessivamente coinvolto nella vita di tutti gli altri.

Anche Selvini Palazzoli ha notato che le persone che sviluppano questo disturbo non sono state capaci di separarsi psicologicamente dai genitori, col risultato di non aver mai acquisito uno stabile senso del proprio corpo. Il corpo viene quindi percepito come “abitato” dal genitore ed il digiuno rappresenta una specie di “attacco” al genitore che ne detiene il possesso. Analogamente, Williams ha sottolineato che i genitori delle persone che sviluppano anoressia nervosa tendono a proiettare e riversare le loro ansie nei figli invece di contenerle. In risposta a queste “invasioni di campo” genitoriali possono svilupparsi delle difese psicologiche di tipo “vietato entrare”, una sorta di confine al di là del quale i genitori non possono addentrarsi. Queste difese si concretizzano nel rifiuto del cibo.

Secondo Boris il nucleo dell’anoressia nervosa è un’intensa avidità, un desiderio incontrollato che sembra non placarsi neppure se soddisfatto. I comportamenti di rinuncia tipici dell’anoressia nervosa rappresenterebbero proprio una difesa da questa avidità. Quindi, la credenza di base in questo disturbo sarebbe “se il mio desiderio è illimitato non posso in nessun modo ottenere ciò che desidero, quindi rinuncerò a tutto”. Tramite i comportamenti di rinuncia e di autocontrollo chi soffre di anoressia tenta di far sentire gli altri, piuttosto che sé stesso, avidi e impotenti. Similmente, Broomberg ha suggerito che chi soffre di anoressia nervosa tenta di “trasformareil desiderio in rinuncia attraverso il meccanismo della dissociazione. Questo avviene per un’ incapacità di contenere il desiderio come affetto che può essere regolato.

Bemporad e Ratey hanno individuato uno schema caratteristico di coinvolgimento paterno nelle persone che sviluppano anoressia nervosa. I padri di solito sono solo superficialmente interessati e supportivi e tendono ad abbandonare emotivamente il figlio quando ha davvero bisogno di loro. Questi padri spesso cercano un “nutrimento emotivo” dal figlio anziché offrirlo. Molte volte, la coppia genitoriale prova una intensa delusione e/o insoddisfazione riguardo al matrimonio, il che li porta a cercare un sostegno emotivo nel figlio. Il figlio, quindi, può essere trattato come un “oggetto sé“, cioè una persona che svolge le funzioni di rispecchiamento e validazione per ciascun genitore, ma a cui è negato il proprio senso di sé. Il bambino non può fare affidamento sui genitori per i suoi bisogni e crede che nessuno sia veramente disposto a mettere da parte, anche solo temporaneamente, i suoi interessi e bisogni per soddisfare le sue esigenze di rassicurazione, conferma e rispecchiamento. In questo contesto il digiuno e le restrizioni rappresentano per il figlio un disperato tentativo di obbligare i genitori a prestare attenzione alla sua sofferenza e riconoscere il suo bisogno di aiuto.

Cure e terapie

La psicoterapia cognitivo-comportamentale (CBT) è un approccio terapeutico ampiamente usato nel trattamento dell’anoressia nervosa. Questo trattamento si focalizza sia sugli aspetti cognitivi che comportamentali che causano e mantengono il disturbo e mira a far riacquisire un peso di sicurezza “sano” e a “normalizzare” le abitudini alimentari alterate. I principi chiave della terapia includono:

  1.  Affrontare gli aspetti cognitivi del disturbo, come ad esempio i pensieri disfunzionali e distorti sul corpo, il peso e l’identità per poi sostituiti con credenze più realistiche e funzionali;
  2. Sviluppare strategie comportamentali per stabilire uno schema alimentare regolare, introducendo gradualmente tutti quei cibi “proibiti” che vengono esclusi nella dieta (spesso carboidrati o cibi ricchi di grassi);
  3. Affrontare la paura di prendere peso;
  4. Enfatizzare l’importanza del mantenere il peso ad un livello minimo in modo tale che le funzioni fisiologiche compromesse, come ad esempio il ciclo mestruale, si ristabiliscano.

Oltre alla psicoterapia cognitivo-comportamentale, anche quella psicodinamica si è dimostrata efficace nel trattamento dell’anoressia nervosa e con miglioramenti e i progressi terapeutici si manifestano più lentamente ma che sembrano essere più stabili nel tempo.

Un’altra terapia impiegata nel trattamento dell’anoressia nervosa è la “Family Based Treatment” (FBT).
L’FBT è una psicoterapia molto efficace che comprende e fonde al suo interno diversi aspetti dell’approccio cognitivo-comportamentale con quelli dell’intervento sistemico-relazionale. Il principio cardine di questo modello di intervento è quello di sottolineare l’importanza e la centralità dei genitori nella cura delle persone affette da anoressia. In questo senso l’FBT considera la famiglia come una risorsa centrale nel percorso di guarigione e non come sola causa del disturbo.

  1. In primo luogo, viene scoraggiata l’individuazione delle cause del disturbo, al fine di alleviare il senso di colpa legato all’attribuzione di eventuali responsabilità nell’insorgenza dello stesso.
  2. Il terapeuta guida i membri della famiglia nella gestione del problema alimentare, senza imporsi o sostituirsi a loro nelle scelte decisionali.
  3. Le figure parentali vengono responsabilizzate nel compito del recupero del peso attraverso un “parental empowerment”.
  4. Tramite il processo dell’esternalizzazione, ovvero la separazione metaforica del paziente dalla malattia, l’anoressia nervosa viene presentata alla famiglia come qualsiasi altra malattia, come un cancro che colpisce la persona e limita le sue possibilità di “avere cura” di sé stessa.
  5. Infine, dopo la raccolta anamnestica dello sviluppo della sintomatologia, ci si focalizza sui cambiamenti comportamentali desiderati, oltre che sugli aspetti cognitivi correlati al disturbo alimentare.

Anche se nessun farmaco è stato ancora specificatamente approvato per il trattamento dell’anoressia nervosa, quelli maggiormente usati nella cura del disturbo sono l’olanzapina e la quetiapina, due antipsicotici atipici che hanno mostrato alcuni benefici nello stimolare la fame e promuovere l’aumento di peso. Anche gli antidepressivi possono essere usati nel trattamento dell’anoressia nervosa, specie se al disturbo si associano sintomi depressivi.

Bibliografia

• American Psychiatric Association (2023) DSM-5-TR. Manuale diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali – Quinta Edizione, Text Revision. Ed. Ital. della Text Revision a cura di G. Nicolò e E. Pompili. Ed. Ital. DSM-5 a cura di M. Biondi. Raffaello Cortina Editore, Milano.
• Martinotti G., Di Giannantonio M., Janiri L. (2019). Compendio di psicopatologia. Fila37, Roma
• Gabbard, G. O. (2015). Psichiatria psicodinamica. Raffaello Cortina Editore, Milano.
• Lingiardi, V., & McWilliams, N. (2020). PDM-2. Manuale diagnostico psicodinamico. Raffaello Cortina Editore, Milano.

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