iArticolo revisionato dalla nostra redazione clinica
pubblicato il 18.11.2024INDICE
“La pressione si deve esercitare sul pallone non sul giocatore.”
Johan Cruyff
Cos’è il burnout?
Ti sei mai sentito così schiacciato dal tuo lavoro a tal punto da pensare di non aver più energie per affrontarlo? Se sì, potresti aver sperimentato il burnout lavorativo.
Questa sindrome si manifesta quando una situazione lavorativa viene percepita come impegnativa, estenuante e logorante al punto da sentire di non possedere le risorse – personali o ambientali – per farvi fronte. Ed è proprio il significato del termine anglosassone burnout che descrive al meglio i sentimenti che scaturiscono da queste situazioni: esaurimento, crollo o surriscaldamento che possono manifestarsi attraverso cambiamenti fisiologici, comportamentali e cognitivi.
Il livello di stress generato da uno stimolo dipende da come ogni persona valuta la situazione e dalle proprie capacità di affrontarla. Il risultato di questa valutazione determina lo “strain”, cioè l’effetto negativo che una situazione potenzialmente stressante può avere sull’individuo. Quando questo impatto è eccessivo, si può assistere a un crollo delle risorse fisiche ed emotive del lavoratore, manifestandosi in:
- Sensazioni di esaurimento fisico o emotivo.
- Aumento della distanza mentale dal lavoro e sentimenti negativi o cinici nei suoi confronti.
- Ridotta percezione della propria efficacia sul lavoro.
Attualmente, nel DSM-5 TR (Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali – Quinta Edizione, Revisione del Testo), i sintomi del burnout non sono inclusi in una diagnosi codificata. Viene invece descritto come un fenomeno legato al lavoro che può contribuire a vari disturbi psichiatrici.
Nell’ICD-11 (Classificazione Statistica Internazionale delle Malattie, degli Infortuni e delle Causative di Morte – Undicesima Revisione), invece, il burnout è riconosciuto come un “fenomeno occupazionale” ma non è considerato una malattia vera e propria.
Per quanto riguarda l’analisi medico-legale del burnout e la sua valutazione in ambito assicurativo e giuridico, si fa riferimento alla circolare INAIL n. 71/2003, con la quale è stata estesa la tutela assicurativa-sociale alle “malattie da costrittività organizzativa”, includendo i casi di burnout.
Quali sono le fasi?
Il burnout è un processo che, generalmente, si sviluppa in quattro fasi:
- Fase dell’entusiasmo idealistico: in questa fase iniziale, le persone sono piene di energia e motivazione nel loro lavoro, spesso hanno aspettative eccessive riguardo alle gratificazioni che riceveranno grazie al loro impegno lavorativo.
- Fase della stagnazione: qui, il coinvolgimento nelle attività lavorative continua, ma senza l’entusiasmo iniziale. Le aspettative di riconoscimento non vengono soddisfatte, portando a un progressivo disimpegno dal lavoro.
- Fase della frustrazione: in questa fase, si inizia a percepire una sensazione di inutilità rispetto al proprio lavoro. Si sviluppa una crescente depersonalizzazione professionale, con la tendenza a trasferire le responsabilità sui colleghi o sull’istituzione. Questo comportamento può causare tensioni e conflitti nell’ambiente lavorativo e portare a disturbi psicosomatici.
- Fase dell’apatia: l’ultima fase è caratterizzata da una totale perdita di motivazione professionale, con ripercussioni negative sulla vita relazionale.
Chi colpisce?
Il rischio di burnout può interessare ogni tipo di professione, ma colpisce in modo particolare le professioni di aiuto: operatori sanitari, medici, infermieri e professionisti nel campo della salute mentale. Questi ruoli, infatti, implicano un’interazione costante con situazioni di sofferenza, malattia e morte, che generano un notevole carico emotivo.
Inoltre, questi professionisti vengono spesso idealizzati per il loro ruolo sociale e caricati di aspettative che possono amplificare il rischio di stress e, di conseguenza, di burnout.
Altre categorie professionali particolarmente esposte includono quelle educative (come insegnanti), assistenziali (operatori sociali e assistenti) e chi lavora nella protezione e sicurezza della collettività, come le forze dell’ordine.
Alcuni studi hanno inoltre dimostrato che il burnout colpisce gli individui caratterizzati da condizioni di ridotta hardiness (resistenza individuale agli stimoli esterni) inseriti in contesti caratterizzati da:
- Regolamenti rigidi;
- Mancanza di supporti tra colleghi;
- Cattiva gestione amministrativa e operativa della struttura;
- Sovraccarico di lavoro;
- Scarsa retribuzione;
- Impossibilità di fare carriera;
- Esercizio della professione in settori non affini alle proprie competenze;
- Impossibilità di pianificare e organizzare il lavoro in modo autonomo;
- Mancanza di feedback positivo.
Altre caratteristiche di personalità che possono riscontrarsi in soggetti che sviluppano burnout sono:
- Iperattività con tendenza ad impegnare ogni momento della giornata in maniera produttiva, ma con la credenza che, per quanti sforzi facciano, le capacità non saranno mai sufficienti a raggiungere gli obiettivi prefissati;
- Tendenza ad autopunirsi di fronte a un insuccesso;
- Spiccata introversione.
Quali sono le cause?
Nei contesti lavorativi attuali, ci sono numerosi fattori che possono contribuire allo sviluppo del burnout:
- Sovraccarico lavorativo (reale o percepito) rispetto alle risorse a disposizione;
- Sottocarico di lavoro;
- Elevato carico psicofisico a causa della tipologia dell’orario/turni di lavoro e dell’intensa richiesta di contatto umano;
- Ambiguità e scarsa definizione dei compiti;
- Responsabilità nulla o eccessiva;
- Limitato controllo sulla propria attività lavorativa (ad esempio, nella gestione di scadenze e compiti);
- Alta responsabilità nei confronti dell’incolumità di terzi;
- Ripetitività o monotonia delle mansioni;
- Mancanza di autonomia e di potere decisionale;
- Scarsa valorizzazione e riconoscimenti;
- Disuguaglianze tra i lavoratori;
- Retribuzione inadeguata;
- Assenza di opportunità di crescita professionale;
- Conflitti o difficoltà a confrontarsi e relazionarsi con colleghi o superiori;
- Fattori di interfaccia tra vita privata/vita lavorativa;
- Bassi livelli di supporto.
Se a questo si aggiunge un ambiente lavorativo estremamente competitivo e l’ansia per una possibile recessione, è comprensibile che il fenomeno del burnout stia crescendo in molte realtà professionali.
Oltre che singolarmente, questi fattori possono entrare in relazione tra di loro creando una condizione di aumentata vulnerabilità allo stress lavoro-correlato. In particolare, la relazione tra elevata domanda lavorativa, bassa libertà decisionale e inadeguato sostegno sociale sul luogo di lavoro, può determinare una condizione di stress lavorativo.
Per quanto riguarda l’origine del burnout, esistono diverse teorie. Secondo la teoria psichica, il burnout è una patologia multifattoriale, influenzata dall’interazione di fattori di rischio ambientali e individuali.
Tra i fattori ambientali, si possono includere:
- Eccessivo carico di lavoro;
- Burocratizzazione;
- Definizione poco chiara di ruoli e competenze;
- Forte individualismo;
- Spinta alla competitività e al successo.
Tra i fattori individuali ci sono:
- Significato e valore attribuiti al lavoro;
- Tendenza a responsabilizzarsi;
- Aspettative irrealistiche e sentimenti di onnipotenza.
Secondo la teoria biochimica, bassi livelli di cortisolo, dopamina e/o serotonina possono essere coinvolti nello sviluppo del burnout, con conseguente aumento dei livelli di prolattina.
Che conseguenze ha il burnout sulla salute?
Il burnout ha numerose conseguenze sulla salute, con impatti su vari livelli: organizzativo, psicologico e fisico.
Sul piano organizzativo, possono manifestarsi fenomeni come l’assenteismo o, al contrario, il presenteismo, accompagnati da insoddisfazione professionale.
Dal punto di vista psicologico, le principali ripercussioni includono sintomi depressivi come difficoltà di concentrazione, stanchezza, scarsa motivazione, alterazioni dell’umore e inappetenza. Altri sintomi comuni sono:
- Ansia;
- Irritabilità;
- Rigidità del pensiero;
- Sospettosità;
- Depersonalizzazione e derealizzazione, ossia la perdita di contatto con sé stessi o con la realtà circostante.
Sul piano fisico, non sono infrequenti problemi come cefalee, dolori muscolari, disturbi cardiovascolari e gastrointestinali.
Inoltre, i sintomi del burnout possono portare a comportamenti compensativi, come:
- Consumo eccessivo di alcol;
- Uso di caffè e tabacco;
- Isolamento sociale.
A lungo termine, il burnout può evolversi in disturbi più gravi, come il disturbo dell’adattamento o il disturbo post-traumatico da stress, che possono cronicizzarsi e aumentare il rischio di suicidio.
Le ricerche scientifiche evidenziano che i lavoratori affetti da burnout hanno:
- Un rischio maggiore del 57% di assentarsi dal lavoro per oltre due settimane a causa di malattia;
- Un incremento del 180% della probabilità di sviluppare disturbi depressivi;
- Un aumento dell’84% del rischio di contrarre il diabete di tipo 2;
- Un rischio più alto del 40% di soffrire di ipertensione.
L’intreccio tra le conseguenze individuali e quelle lavorative diventa ancora più evidente se consideriamo che il burnout può compromettere la memoria a breve termine, l’attenzione e altri processi cognitivi fondamentali per le attività quotidiane.
Quando i lavoratori soffrono di burnout, la loro produttività cala, diventano meno innovativi e più inclini a commettere errori. Se questa condizione si diffonde all’interno dell’organizzazione, può avere un impatto gravemente negativo sulla produttività, sulla qualità dei servizi e sui risultati economici.
Come si valuta il burnout?
Per la valutazione clinica del burnout esistono diversi test specifici tra cui:
- Maslach Burnout Inventory (MBI): uno dei test più utilizzati per misurare i livelli di burnout.
- Staff Burnout Scale for Health Professionals (SBSHP): specifico per operatori sanitari.
- Perceptual Job Burnout Inventory (PJBI): utile per misurare la percezione individuale del burnout.
- Burnout Measure (BM): un altro strumento validato per la valutazione del burnout.
Per quanto riguarda l’analisi medico-legale del burnout e la sua valutazione in ambito assicurativo e giuridico, si fa riferimento alla circolare INAIL n. 71/2003, con la quale è stata estesa la tutela assicurativa-sociale alle “malattie da costrittività organizzativa”, includendo i casi di burnout.
Come uscire dal burnout?
Il burnout, come abbiamo visto, può rappresentare una problematica significativa sia per i singoli dipendenti sia per le organizzazioni nel loro insieme. La buona notizia è che esistono strategie efficaci per prevenirlo e soluzioni per affrontarlo. Affrontare il burnout richiede di considerare non solo il lavoratore e l’ambiente di lavoro, ma anche la compatibilità tra i due.
Per identificare le condizioni lavorative che contribuiscono al problema, è fondamentale riformulare la domanda di partenza: non “chi sta sviluppando burnout?” ma “perché si sta andando in burnout?”. In questa sindrome, la relazione tra la persona e il contesto lavorativo è cruciale. Pertanto, bisogna chiedersi: “C’è una buona corrispondenza tra il dipendente e il suo ambiente di lavoro, che gli consenta di esprimere il suo potenziale e ottenere buoni risultati?”
I datori di lavoro hanno diverse opportunità per affrontare il problema del burnout all’interno delle loro organizzazioni.
Innanzitutto, possono effettuare valutazioni periodiche per capire se il burnout sta emergendo tra i dipendenti, utilizzando sondaggi ben strutturati e sistematici. È importante anche monitorare i carichi di lavoro e mantenere un contatto regolare con i lavoratori, incoraggiandoli a utilizzare il tempo libero a disposizione. Inoltre, è fondamentale esaminare le pratiche aziendali per assicurarsi che i lavoratori dispongano del controllo, della flessibilità e delle risorse necessarie per gestire in modo efficace le proprie responsabilità e lo stress lavorativo.
I dipendenti, da parte loro, possono iniziare a dedicare più tempo alla cura di sé e alle relazioni sociali. Mantenere legami sani con colleghi, amici e familiari può rivelarsi utile per ridurre lo stress legato al lavoro, così come concedersi il permesso di disconnettersi dal lavoro per periodi adeguati.
Insieme, datori di lavoro e dipendenti possono impegnarsi costantemente per creare un ambiente di lavoro sano, di supporto e inclusivo, che promuova un clima di fiducia e la consapevolezza e in cui i lavoratori si sostengano a vicenda. È fondamentale discutere regolarmente la ragionevolezza e l’adeguatezza dei carichi di lavoro, assicurandosi che le responsabilità siano distribuite equamente e apportando modifiche, se necessario.
Più sinteticamente, alcuni degli interventi di prevenzione e trattamento del burnout possono essere:
- Ristrutturare le modalità di lavoro, le mansioni e i turni;
- Riconoscere un maggiore grado di autonomia ai lavoratori nello svolgimento delle mansioni lavorative;
- Definire chiaramente i ruoli e le responsabilità di ciascun membro del team;
- Stabilire obiettivi ben definiti da raggiungere;
- Promuovere una maggiore trasparenza all’interno dell’azienda;
- Offrire opportunità di formazione e aggiornamento professionale;
- Creare spazi di ascolto e confronto sui bisogni professionali dei dipendenti.
Tra gli interventi disponibili, il protocollo Mindfulness – Mindfulness Based Stress Reduction (MBSR) rappresenta una tecnica focalizzata sulla consapevolezza e sull’accettazione delle esperienze personali, sia positive che negative. Questa pratica permette di connettersi con se stessi e con il presente, osservando le proprie emozioni e sensazioni a livello cognitivo, emotivo e fisico, conducendo a uno stato di calma. L’obiettivo finale del protocollo è quello di estendere questo atteggiamento a diverse situazioni della vita quotidiana, tra cui l’ambito lavorativo, favorendo un maggiore benessere psico-fisico.
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