Dismorfofobia: sintomi, cause e cure

Dismorfofobia: sintomi, cause e cure

iArticolo revisionato dalla nostra redazione clinica

pubblicato il 17.09.2024

INDICE

Nel Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM-5 TR) il disturbo di dismorfismo corporeo (DDC), noto anche come dismorfia del corpo, sindrome dismorfica o dismorfofobia, è inserito nella categoria “Disturbo ossessivo-compulsivo e disturbi correlati”: un insieme di disturbi che sono caratterizzati dalla presenza da preoccupazioni e da comportamenti ripetitivi o azioni mentali in risposta alle preoccupazioni.

La dismorfofobia è caratterizzata dalla presenza di preoccupazioni ricorrenti e intrusive che riguardano l’aspetto fisico, considerato imperfetto, non attraente, non giusto, orribile o deforme. Le persone che soffrono di questo disturbo passano diverse ore ogni giorno tentando di mascherare o correggere quelle che loro considerano imperfezioni, che possono essere realmente presenti, sebbene esagerate nella loro entità.

Sono frequenti anche i comportamenti di controllo compulsivo dell’aspetto fisico (per esempio, allo specchio) e la ricerca di rassicurazioni sul proprio aspetto fisico.

La dismorfofobia è piuttosto comune, con una prevalenza lifetime del 2%, senza significative differenze tra maschi e femmine. Femmine e maschi, infatti, sembrano avere più somiglianze che differenze per quanto riguarda la maggior parte delle caratteristiche cliniche del disturbo: per esempio, zone corporee non gradite, tipi di comportamenti ripetitivi, gravità dei sintomi, comorbilità, decorso della malattia, e ricorso a trattamenti estetici.

Tuttavia, i maschi hanno più probabilità di avere preoccupazioni legate ai genitali e le femmine hanno più probabilità di avere un disturbo alimentare in comorbilità. L’età di esordio del disturbo è solitamente collocata nell’adolescenza (in relazione ai cambiamenti nel corpo che avvengono con la pubertà) oppure nella prima età adulta.

Nell’articolo ci riferiremo al disturbo di dismorfismo corporeo (DDC) con il termine “dismorfofobia”.

I sintomi della dismorfofobia

Secondo il Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM-5 TR) i criteri diagnostici da soddisfare per la diagnosi di disturbo di dismorfismo corporeo, sono:

  1. Preoccupazione per uno o più difetti o imperfezioni percepiti nell’aspetto fisico, che non sono osservabili o appaiono agli altri in modo lieve.
  2. Comportamenti ripetitivi (per es., guardarsi allo specchio, curarsi eccessivamente del proprio aspetto, stuzzicarsi la pelle, ricercare rassicurazioni) o azioni mentali (per es., confrontare il proprio aspetto fisico con quello degli altri) che si verificano in risposta alle preoccupazioni legate all’aspetto.
  3. Le preoccupazioni causano un disagio clinicamente significativo o compromissione del funzionamento in ambito sociale, lavorativo o in altre aree importanti.

Le persone che soffrono di dismorfofobia sono preoccupate per uno o più difetti o imperfezioni percepiti nel loro aspetto fisico, che ritengono essere brutto, non attraente, anormale o deforme (Criterio A). Le imperfezioni percepite non sono osservabili dall’esterno o appaiono alle altre persone solo in modo lieve. Le preoccupazioni variano dall’apparire non attraente o non giusto/a, all’apparire orribile, deforme o “come un mostro”.

Le preoccupazioni possono riguardare una o molte aree corporee, più comunemente la pelle (per es., acne, cicatrici, rughe, grinze, pallore), i capelli o i peli (per es., diradamento dei capelli o eccessiva peluria corporea o facciale) o il naso (per es., la grandezza o la forma). Tuttavia, qualsiasi parte del corpo può essere al centro delle preoccupazioni (per es., occhi, denti, peso, seno, gambe, dimensione o forma del viso, labbra, mento, sopracciglia, genitali).

Alcune persone sono preoccupate per una percepita asimmetria delle aree del corpo. Le preoccupazioni sono intrusive, indesiderate, consumano tempo, verificandosi in media dalle 3 alle 8 ore al giorno, ed è di solito difficile controllarle. In risposta alle preoccupazioni vengono messi in atto comportamenti ripetitivi o azioni mentali (per es., confrontare) che, a loro volta, consumano tempo (Criterio B). I comportamenti più comuni sono:

  • confrontare il proprio aspetto con quello degli altri;
  • controllare ripetutamente allo specchio o su altre superfici riflettenti i difetti percepiti, oppure esaminarli direttamente;
  • dedicarsi eccessivamente alla cura di sé (per es., pettinarsi, truccarsi, rasarsi, depilarsi o strapparsi peli);
  • camuffarsi (per es., applicarsi ripetutamente il trucco o coprire le aree non gradite con cose come un cappello, abiti, trucco o i capelli);
  • ricercare rassicurazioni riguardo a come appaiono le imperfezioni percepite;
  • toccarsi le aree non gradite per controllarle;
  • fare eccessivo esercizio fisico o sollevamento pesi;
  • ricercare trattamenti estetici.

Alcune persone si abbronzano eccessivamente (per es., per scurire la pelle “pallida” o ridurre l’acne percepita), si cambiano più volte d’abito (per es., per camuffare i difetti percepiti) o fanno acquisti compulsivi (per es., di prodotti di bellezza).

Come per il Disturbo Ossessivo Compulsivo, la valutazione dell’insight nella dismorfofobia è importante. L’insight varia lungo un continuum che ha due estremi: i sintomi possono essere riconosciuti come preoccupazioni e comportamenti esagerati (buon insight) oppure possono essere negati, il che porta la persona a insistere sul fatto che il problema fisico è reale – fino alla credenza di essere deformi – e deve essere risolto con un intervento medico o chirurgico (insight scarso o assente).

Alcune persone con dismorfofobia sviluppano idee o deliri di riferimento, credendo che altre persone li notino in modo particolare o le deridano a causa del loro aspetto fisico. In effetti è stato dimostrato che le persone che soffrono di questo disturbo tendono ad avere una propensione per interpretazioni negative e minacciose delle espressioni facciali altrui e delle situazioni ambigue.

La dismorfofobia è associata ad alti livelli di ansia, ansia sociale, evitamento sociale, umore depresso, nevroticismo e perfezionismo, oltre a bassa estroversione e bassa autostima. Infatti, questo disturbo può influire in maniera significativa sul funzionamento sociale, lavorativo e relazionale. In alcuni casi le preoccupazioni sull’aspetto fisico sono così invalidanti da portare all’isolamento sociale. È comune che si verifichi una grave compromissione del funzionamento interpersonale, poiché le persone affette da dismorfofobia possono essere troppo preoccupate o in imbarazzo per il loro aspetto fisico per potersi coinvolgere liberamente in una relazione intima.

Le persone con dismorfofobia vivono un importante disagio e sviluppano frequentemente sintomi depressivi di gravità variabile o delle oscillazioni dell’umore. Infatti, in queste persone l’identità personale, instabile e incompleta perché ridotta al sé corporeo, segue l’andamento delle preoccupazioni circa l’essere brutti e non accettabili per gli altri.

Inoltre, l’ansia prodotta dai pensieri intrusivi e ricorrenti sul corpo può portare a deficit cognitivi, quali scarsa attenzione o difficoltà nel concentrarsi su argomenti diversi dall’aspetto fisico. La maggior parte delle persone si sottopone a un trattamento estetico per tentare di migliorare i difetti percepiti. I più comuni sono i trattamenti dermatologici e la chirurgia estetica, ma può essere richiesto qualunque tipo di intervento (per es., odontoiatrico, di elettrolisi).

Alcune persone, insoddisfatte del risultato estetico anche dopo l’intervento chirurgico, intraprendono azioni legali nei confronti del medico operante.

Secondo il DSM-5 TR la dismorfofobia deve essere distinta da un disturbo alimentare: le preoccupazioni legate all’aspetto fisico tipiche di questo disturbo non vanno confuse con le preoccupazioni legate al grasso o al peso caratteristiche delle persone che soffrono di un disturbo alimentare. Sempre secondo il DSM-5 TR occorre specificare se le preoccupazioni legate all’aspetto fisico si focalizzano specificamente sulla muscolatura corporea, in questo caso si parla di “dismorfia muscolare” (anche detta “vigoressia” o “bigoressia”), caratterizzata da preoccupazioni sulla costituzione corporea – percepita come troppo esile – e sull’inadeguato sviluppo della massa muscolare. Questo sottotipo di dismorfofobia si osserva principalmente nei pazienti di sesso maschile. Le persone che sviluppano questo tipo di disturbo in realtà hanno un corpo normale e sufficientemente sviluppato oppure possono essere molto muscolose.

La maggioranza delle persone che soffrono di dismorfia muscolare seguono una dieta rigida con un alto apporto proteico, fanno esercizio fisico e/o sollevamento pesi in modo eccessivo. Alcune persone fanno uso di steroidi androgeni-anabolizzanti e altre sostanze potenzialmente pericolose per cercare di rendere il proprio corpo più grosso e più muscoloso.

Quali sono le possibili cause del disturbo?

L’eziologia della dismorfofobia è considerata complessa e multifattoriale.

Le persone che soffrono di dismorfofobia sono fortemente attente agli standard di bellezza, in questo senso, le esperienze precoci che rinforzano positivamente una persona per il suo aspetto esteriore possono giocare un ruolo importante nello sviluppo del disturbo.

Inoltre, le persone che sviluppano dismorfofobia mostrano una maggiore sensibilità estetica, ossia una maggiore attenzione e consapevolezza ai difetti e alle imperfezioni e un’attrazione per la bellezza, la simmetria e l’armonia. Questa sensibilità accentuata predispone e mantiene il disturbo, portando a percezioni distorte del proprio aspetto, a una incapacità di vedersi oggettivamente e a una tendenza a focalizzarsi su difetti minori o immaginati nell’aspetto.

In effetti, la dismorfofobia è stata associata ad anomalie del processamento visivo, con una propensione ad analizzare e codificare dettagli piuttosto che aspetti olistici o di configurazione generale dello stimolo visivo. Le persone che soffrono di questo disturbo sembrano avere un modello di processamento visivo distorto in cui i dettagli non sono contestualizzati o integrati in una percezione complessiva. Questo potrebbe essere associato alla propensione delle persone che soffrono di dismorfofobia a concentrarsi sui dettagli del loro aspetto, non riuscendo a vedersi in modo integrato e olistico.

Anche il bullismo è stato associato allo sviluppo di dismorfofobia. Diversi studi hanno dimostrato che esiste un’associazione tra prese in giro legate all’aspetto fisico e sintomi dismorfofobici, soprattutto quando le prese in giro provengono da persone del sesso opposto. Eventi negativi come il bullismo legato all’aspetto fisico di una persona possono causare una risposta emotiva negativa di ansia, disgusto o vergogna.
Successivamente, tutto ciò che viene associato a questo evento negativo (come le parole che sono rivolte durante le prese in giro o le immagini della parte del corpo ridicolizzata) è valutato sfavorevolmente. Di conseguenza i sentimenti negativi di ansia, disgusto e vergogna vengono generalizzati anche alla parte del corpo che è stata oggetto di offese.

Anche maltrattamenti, negligenza emotiva e/o fisica, abusi sessuali, emotivi e fisici durante l’infanzia sono associati alla dismorfofobia.

Esiste poi una componente genetica: circa l’8% delle persone che soffrono di dismorfofobia hanno un parente di primo grado con la stessa diagnosi e circa il 7% ha un parente di primo grado con disturbo ossessivo compulsivo, evidenziando un’ereditabilità condivisa tra i due disturbi. Infine, è stato suggerito anche un possibile coinvolgimento del sistema serotoninergico nel disturbo.

Come si può curare la dismorfofobia?

Nel trattamento della dismorfofobia è di fondamentale importanza valutare il livello di insight, ossia la consapevolezza di malattia della persona che soffre di questo disturbo. Infatti, solo alcune persone accolgono con favore la diagnosi, potendo finalmente dare un nome alla propria sofferenza; altre, invece, vi si oppongono fermamente, credendo di essere veramente deformi e che solo la chirurgia o i trattamenti dermatologici siano la soluzione ai loro problemi.

La psicoterapia d’elezione per il trattamento della dismorfofobia è quella cognitivo-comportamentale (CBT). La strategia terapeutica chiave nella terapia cognitivo-comportamentale prevede l’esposizione con prevenzione della risposta (E/RP). L’E/RP consiste nell’affrontare gradualmente le situazioni che generano ansia (per es., guardarsi allo specchio, situazioni sociali) e resistere all’impulso a mettere in atto i comportamenti compulsivi di protezione (per es., camuffamento dei difetti percepiti, applicazione eccessiva di trucco) con l’obiettivo di raggiungere un’abituazione all’ansia prodotta dalla percezione delle imperfezioni corporee.

Altre strategie utilizzate nella CBT per la dismorfofobia includono la psicoeducazione, ossia la spiegazione del disturbo nelle sue tipiche manifestazioni; la ristrutturazione cognitiva, che mira a identificare e modificare pensieri disfunzionali riguardo l’aspetto fisico; il training attentivo, ossia lo spostamento consapevole dell’attenzione da parti del corpo considerate difettose ad altre aree neutre o positive e il retraining allo specchio. In particolare, durante le sessioni di retraining allo specchio, la persona viene guidata a:

  • Guardarsi allo specchio senza mettere in atto comportamenti protettivi come truccarsi eccessivamente o coprirsi;
  • Concentrarsi su aspetti positivi del proprio corpo invece che sui presunti difetti;
  • Rimanere di fronte allo specchio per un tempo prestabilito, anche se l’ansia aumenta.

Gli inibitori della ricaptazione della serotonina (SRI o SSRI), come fluoxetina, fluvoxamina, citalopram, escitalopram e clomipramina, sono attualmente considerati i farmaci di scelta per la dismorfofobia. Sebbene sia necessaria più ricerca, i dati disponibili in letteratura indicano che la maggior parte dei pazienti migliora con un trattamento SRI (con tassi di risposta che variano dal 53 al 70%): questi farmaci, infatti, riducono i pensieri ossessivi e i comportamenti compulsivi tipici della dismorfofobia e, in generale, di tutti i disturbi correlati al disturbo ossessivo compulsivo.

Prima della prescrizione può essere utile spiegare che gli SRI sono farmaci generalmente ben tollerati e non creano dipendenza e hanno un effetto positivo di correzione degli squilibri chimici nel cervello. Dovrebbero essere fornite informazioni sui possibili effetti collaterali, su come possono essere gestiti o resi più tollerabili qualora si verificassero e sul tempo necessario affinché si verifichino i primi miglioramenti nella sintomatologia.

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